- **Dettagli**
- **Categoria: Antichi abissi (Romanzo storico)**
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Chiesa San Pietro
Uscì dall’altra porta del salone, quella che dà sulle scalinate. Dal pianerottolo della seconda rampa raggiunse la sacrestia della chiesetta di San Pietro per la preghiera serale, ma non solo. Rivolgendo lo sguardo in alto, sul soffitto osservò compiaciuto l’ovale affrescato con la rappresentazione di Dio Onnipotente e barbuto avvolto in lingue di fuoco alimentate da un arbusto che brucia mentre col braccio e le dita della mano destra sollevate e benedicenti, stabilisce con Mosè il patto della Nuova Alleanza. Quest’ultimo è inginocchiato e sconvolto per l’apparizione e le grandi responsabilità che Dio gli ha assegnato, con il volto reclinato tra le palme delle mani indossa una veste rossa stretta alla vita da una fascia e i calzari legati ai polpacci.
Felice entrò in chiesa e inginocchiatosi davanti al Santissimo Sacramento pregò a lungo e intensamente l’onnipotente Dio affinché non lo abbandonasse mai e continuasse a proteggere il suo cammino per far di lui lo strumento della Sua Volontà…
Rialzatosi si girò lentamente su sé stesso con lo sguardo rivolto alle pareti affrescate dal maestro Martino Bonfini di Patrignone.[1] Questi era tenuto in buona considerazione da quelle parti e aveva dato buona prova di sé in tutte le committenze ricevute. Felice era soddisfatto del lavoro eseguito nella sua chiesa e si riprometteva di avvalersi ancora della sua opera, anche a Roma.
Poi sedette nel primo banco dei fedeli, vicino a uno dei due sepolcri ricavati sul pavimento della chiesa che conteneva i sacri resti dei genitori: di suo padre Pietro, che tutti chiamavano confidenzialmente Peretto e di sua madre Marianna … Anche se avvezzo a dominare i suoi stati d’animo, il ricordo struggente di sua madre gli provocò grande commozione… Un pensiero anche a Prospero, suo fratello carissimo … Anch’egli era lì, sepolto con i suoi genitori e con il volto tra le mani Felice pianse…
Nell’altro sepolcro aveva fatto sistemare i suoi parenti: il cognato Gio. Battista Mignucci, la zia Cecchetta[2] e suo marito Silvestro Silvestri e le altre due zie, Piacentina col marito Costanzo Costantini e Laudenzia. Ora anche la povera Fiora riposava nel sepolcro di S. Pietro con i suoi genitori.
Allontanò da sé i tristi pensieri rivolgendo di nuovo la sua preghiera a Dio:
Rèquiem aetèrnam dona eis, Domine, et lux perpètua lùceat eis. Requiéscant in pace...
Amen
Percorrendo il lungo corridoio e le stanze Felice si rendeva conto di aver fatto un ottimo investimento.
La sua camera era l’ultima in fondo al lungo corridoio che si apriva a destra su altre stanze e saloni riccamente affrescati e arredati con preziosità di mobili e particolari. Sulla sinistra, dalle numerose finestre arricchite di preziosi e pesanti tendaggi di velluto rosso con i bordi rifiniti in fili d'oro e nappe lungo il perimetro, era possibile spaziare con lo sguardo nelle verdi colline sottostanti sino al mar Adriatico dalle.
Le tende di ciascuna finestra erano mantenute raccolte da pomelli fissati al muro e due dischi in noce intarsiati e contrapposti dall’asse centrale, dove trovava posto il cordone necessario a legare il tendaggio.
Da quelle finestre lo sguardo spaziava sulle colline a oriente, lontano, sino al mare. Un armadio a specchiera in noce massiccio, posto nella sua camera in fondo al corridoio, creava l'effetto ottico di allungarne la profondità, le distanze, e si aveva l'impressione di non arrivare mai.
Le tredici porte disposte lungo il corridoio erano bellissime: nelle due ante che le componevano, incorniciate da una controcassa dipinta in finto marmo e delimitata da due cornici dorate, trovano posto quattro rettangoli, due per anta, anch’essi delimitati da cornici dorate. Quelli in alto con due figure una maschile e l’altra femminile, quelli in basso con fregi “a S” di foglie e rose e grottesche raffiguranti centauri alati. Man mano che si percorreva il corridoio, porta dopo porta, le figure dei riquadri superiori perdevano le loro vesti sino a rimanere completamente nudi nella porta dell’ultima camera.
Quest’ultima si apriva sulla destra su un balcone protetto da una ringhiera di legno che si affacciava su due grandi terrazze: una sottostante sul piano della servitù, e l'altra raggiungibile salendo due gradini. Questa seconda terrazza era merlata e sovrastava l'antico torrione di Porta Marina.
Prima della stanza di Felice: salottino dorato
[1] Martino Bonfini di Patrignone (1565 – 1636).
[2] Francesca Peretti (detta Cecchetta), sposata con Silvestro Silvestri di Montalto.