Il 21 agosto scorso, in occasione della serata conclusiva dei festeggiamenti di S. Lussorio, patrono di Santu Lussurgiu, la Pro Loco ha presentato la sua sorpresa preannunciata da tempo.
Con sacrifici considerevoli l'Associazione ha ricostruito e presentato al pubblico l'antico costume femminile lussurgese.
La piazza del mercato quella sera era gremita di pubblico e quando il Presidente della Pro Loco ha invitato le 6 coppie in costume a raggiungere il palco, tra la folla si è levato un applauso di grande soddisfazione collettiva.
Ma come era prevedibile già dal giorno dopo insieme a tanti, tantissimi cittadini che si complimentavano per l'iniziativa vi è stato anche qualcuno che ha avanzato riserve sull'autenticità del modello riproposto1.
Non ci resta quindi che risfogliare insieme le fonti più autorevoli che abbiamo consultato e che ci hanno guidato nella riproposizione dell'antico costume femminile di Santu Lussurgiu
Le fonti.
Del vestiario dei lussurgesi. il Casalis (Dizionario Geografico Storico Statistico Commerciale degli Stali di SM. il Re di Sardegna, Torino, 1859, p. 397), dà questa descrizione:
« Gli uomini usano la pelliccia, il cappotto, i calzoni a campana con uose (sic.) di pelle sino al dissopra del ginocchio, e stringono la vita con una cintola di cuojo larga quattro dita. Nei giorni di pompa e in tempo di lutto portano un lungo gabbano; la cocolla è cadente se non sia il secondo caso.
Le donne amano il sajo nero per le gonnelle e molte crespe alla parte posteriore, e l'adornano nella falda d'un nastro verde. Il busto suol essere di seta, il giuppone di panno verdastro o caffè, e portano come velo un fazzoletto di colore, il quale, secondo la condizione, è di maggiore o minore prezzo, di seta o di cotone ».
Una seconda descrizione è data dal Generale Alberto Ferrero Della Marmora nel suo Itinerario dell'Isola di Sardegna.
« Il loro costume altronde è di una grande semplicità, perché esse non indossano, come le donne di molte altre parti dell'isola, dei giupponi di stoffa rossa o gialla; queste di S. Lussurgiu sembrano sempre in duolo; le loro giubbe a mille pieghe sono fatte di albaggio nero che fabbricano esse stesse, e portano sulla testa un gran fazzoletto blu, legato sotto il mento: questo costume è particolare agli abitami di questo villaggio, ciò fa che si distìnguano in lontananza a prima vista. Gli uomini sono ugualmente vestiti di furesi (albaggio) nero; indossano inoltre la loro beste peddis la famosa mastruca dei loro avi Sardi Pelliti. Essi rìcuoprono le loro gambe di calze di cuojo in color naturale, per motivo delle molte spine che crescono nel loro territorio; portano quasi tutti ad armacollo una corda a molle pieghe. Questa è una specie di laccio arma terribile degli americani spagnoli, i Lussurgiesi se ne servono destramente, come quelli, ma solamente per fermare i loro cavalli, e le bestie di corna che essi allevano con una cura particolare ».
Altra fonte iconografica consultata e tenuta presente nella ricostruzione è l'acquerello di Nicola Tiole riportato in Album di costumi sardi riprodotti dal vero (1819' - 1826), pubblicato dall' I.S.R.E. di Nuoro.
Altra referenza storica abbastanza diffusa a Santu Lussurgiu è una fotografìa in bianco e nero risalente alla fine dell'Ottocento e pubblicata a cura dell'I. S. R. E. di Nuoro nel volume Sardegna tra due secoli.
Esiste una quarta fonte alla quale ci si è riferiti, ed è il modello di costume femminile di Maria Domenica Schintu/Falchi che unitamente a Leonarda Obino ha confezionato i sei costumi con la consulenza storica ed etnografica dì Francesco Antonio Salis, dirìgente del Centro di cultura popolare UNLA e Direttore del Museo Etnografico di Santu Lusaurgiu.
Queste le referenze storìche e iconografiche alle quali ci siamo riferiti, alcune più vicine, altre più lontane nel tempo. Altre fonti non ci sono note e all'oggi non lo sono neppure ai detrattori del costume che la Po Loco ha riproposto... a meno che non si debbano considerare fonti più autorevoli quelle orali dei « mia zia », « mia nonna... », ecc., o singoli capi di proprietà di questo o quel lussurgese che dice di possedere, ma che è restio a mostrare!
A questo punto dunque si rendeva necessaria una comparazione tra le varie fonti, alla ricerca degli elementi più caratterizzanti del costume femminile lussurgese e ciò è stato fatto preferendo attingere dall'acquerello del Tiole che rappresenta più affinità e somìglianze col modello di proprietà di M. Domenica Schintu - Falchi e con gli altri autori citati.
Per quanto concerne il fazzoletto, pervicacemente contestato dai « soliti esperti/e », crediamo non vi sia dubbio alcuno, infatti gran parte delle fonti concordano con un fazzoletto a fondo azzurro ( Della Marmora, Tiole più esplicitamente e anche l'Angius/Casalis parla di un fazzoletto di colore ).
Altro motivo del contendere è la gonna. È vero che il Della Mormora riferendosi alle donne lussurgesi, a causa del colore del loro costume, parla delle donne di Santu Lussurgiu che sembrano sempre in duolo, che l'Angjus/Casalis e la stessa foto di cui si è detto in precedenza descrivono una gonna nera, ma è anche vero che - come avviene oggi - esisteva un vestito da lavoro e uno per le grandi occasioni. E poi allora come oggi, gli abitanti di un paese non indossano divìse come i reparti militari, ed anche allora esistevano notevoli differenze tra un costume e l'altro che derivavano anche dal ceto di appartenenza. Infine nella riproduzione dei sei costumi non si è usata la stoffa di orbace e neppure il panno che dovrebbe costituire il surrogato dell'antica stoffa di origine vegetale prodotta in grandi quantità a Santu Lussurgiu.
A questo proposito per una riproposizione che avviene dopo circa 150 anni per la scarsità dei fondi e il poco tempo a disposizione, le stoffe utilizzate sono quelle reperibili in commercio!
Se negli anni a venire l'interesse per l'iniziativa resterà alto da parte dei concittadini, si potranno sempre approfondire le ricerche ed avvicinarsi sempre più alle forme e ai tessuti originali del costume di Santu Lussurgiu!
La Pro Loco ha fatto la sua parte!
Rassegna stampa
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1 Tempus meda fuin espertos monterrinos
istudianne su costume lussurzesu
ma issu ibbia paret d'appada cumpresu
che mannadu de ispirìtos divinos.
Sos cussitzos de nemos at criccadu
né de espertos né de antzianos de Monterra
at rìsoltu a conca sua sa cuntierra
ma atzoroddu est su chi at realizzadu.
Succ. > |
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